Woman in Chains {So free her}
un evergreen che fa sempre riflettere
di “Bettina” Abby Wright {Brixton-London}
All’interno del fortunato album The seeds of love, pubblicato nel 1989 dal duo britannico Tears for Fears, c’è un bellissimo brano che si occupa di un tema che resta, purtroppo, sempre di grandissima attualità. È il tema delle donne vittime e intrappolate in relazioni sentimentali tossiche e malate, dalle quali faticano, o non riescono per nulla, a liberarsi.
Il titolo del brano, già di per sé molto significativo, è Woman in chains. La forza delle parole del testo viene magnificamente accompagnata dal video, girato in bianco e nero, dove si intersecano le immagini della relazione tra un pugile, prepotente e possessivo e una ballerina, vittima di questa relazione, a quelle del duo musicale impegnato nell’eseguire il brano insieme a Oleta Adams, guest vocalist per l’occasione. Da segnalare, dal punto di vista artistico, l’ulteriore importante presenza nel ruolo di guest star del famigerato batterista Phil Collins.
Al termine del video vengono proposte delle immagini altamente simboliche del contrasto tra prigionia e libertà, tra dipendenza e indipendenza, situazioni tipiche dell’instabilità e dello squilibrio di certe relazioni.
Successivamente alla realizzazione del brano il cantante leader del gruppo Roland Orzabal così raccontò al settimanale britannico Melody Maker:
“Stavo leggendo della letteratura femminista a quell’epoca e ho scoperto che ancora oggi esistono civiltà non patriarcali. In esse non c’è l’uomo al vertice e la donna in fondo. Sono matricentriche. La donna assume un ruolo centrale e queste società sono molto meno violente, presentano molta meno avidità e molta meno animosità… ma la canzone racconta anche di come l’uomo tenda a minimizzare il lato femminile del proprio carattere e di come sia l’uomo che la donna soffrano per questa scelta.”
Sempre il cantante rilasciò un’intervista al Washington Post nel 1990 nel corso della quale disse:
“quando canto Woman in chains canto dell’oppressione delle donne nel mondo, ma canto anche della repressione dell’anima femminile dentro me stesso e canto anche riguardo a mia madre. Alla fine della canzone quando canto Free her (liberala) sto dicendo anche Free me (liberami)”