MUSE Thought Contagion
{La mia musica ai tempi del coronavirus}
di Elisabetta Poggi
A Luglio del 2019 ero a San Siro per il “Simulation Theory World Tour” dei Muse.
Concerto tanto atteso di cui ho conservato il biglietto come una reliquia, appeso al frigorifero, insieme alla scaletta dei brani. Un’esibizione grandiosa e memorabile che ha portato sul palco una delle band musicalmente più eclettiche, che come un caleidoscopio proietta ogni volta sonorità molteplici, frutto di ricerca e accurate sperimentazioni strumentali che vanno dal rock sinfonico a quello elettronico, un genere che non si riesce a imbrigliare dentro una sola definizione.
Testi che spaziano dalla scienza, alla politica, alla religione indagando una realtà sempre più complessa e inafferrabile. E la voce potente di Matthew Bellamy, domina tutto questo .
‘Thought Contagion’ fu uno tra i 25 brani suonati nello stadio gremito davanti a una folla impazzita ed entusiasta (i concerti dei Muse sono vere e proprie performance).
Sono passati dieci mesi, eppure pare un tempo infinito, un tempo che si è dilatato abbandonando binari lineari. Mai avrei pensato che questo pezzo mi sarebbe tornato prepotentemente in testa in un frangente inaspettato e incredibile quale stiamo vivendo ora.
Canzone scritta nel 2017, da Matt Bellamy, frontman dei Muse, evoca “un contagio mentale” che può condizionare i pensieri, le opinioni, le scelte di chiunque. Un controllo sottile, potente ma impercettibile che proprio come un virus si insinua nell’ospite e inconsapevolmente lo accoglie per venirne contaminato e modificato.
Nel video, in un’atmosfera cupa e inquietante, figure immerse in un’impietosa oscurità, si muovono e si perdono indossando maschere e tute protettive per proteggersi da creature rapaci. Come guardare dentro uno specchio l’immagine deformata di noi stessi e della nostra vita stravolta in un soffio…
Sembra impossibile aver partecipato ad un concerto neanche un anno fa…