The Echo Chamber
{dove potrebbe portarci in futuro?}
di Micaela Antozzi {Art Director}
Ho appena visto un TEDx tenuto da Adam Greenwood, fondatore della premiata digital agency Greenwood Campbell e sono rimasta molto colpita.
Parlava di Echo Chamber, la camera dell’eco.
Il video è in inglese, quindi vorrei riassumervelo qui, per spiegarvi esattamente di cosa si tratta, e perché sia così importante in questo (maledetto) periodo, fortemente incentrato sul degrado della comunicazione e della comprensione, complice (anche) di molte fake news.
La camera dell’eco (The Echo Chamber) è un ambiente molto simile ad una rete di social media, in cui una persona incontra o legge solo notizie, credenze ed opinioni che coincidono esattamente con le proprie, addirittura rafforzandole e riecheggiandole a sua volta, in modo che le idee alternative non vengano mai prese in considerazione.
La camera dell’eco è là fuori che tu ci creda o no. Ma come funziona?
Twitter, Facebook, LinkedIn e Instagram ad esempio ti mostrano tutti i contenuti in base ai tuoi “Mi piace e Non mi piace”, in base ai tuoi comportamenti di navigazione e acquisto, in base ai tuoi gusti e alle antipatie dei tuoi amici, dei tuoi follower e delle tue connessioni.
Non è una novità per noi vedere contenuti dedicati a ciò che vogliamo vedere. Acquistiamo giornali e guardiamo notizie tv, per esempio, in base alle nostre idee politiche. (ma potremmo anche leggere altri giornali o cambiare canale ed essere consapevoli di un altro punto di vista, o no?)
Stiamo tutti contribuendo
alle camere dell’eco
Non sono solo gli algoritmi a creare la camera dell’eco, siamo anche noi colpevoli di perpetuarla. Quando creiamo contenuti o pagine e li carichiamo sui social media, la maggior parte di noi non carica contenuti per sé stessi, lo facciamo per i nostri follower, perché vogliamo Like, condivisioni e commenti.
Lo facciamo perché gli esseri umani amano “le conferme”.
La “conferma” è un’esigenza umana fondamentale
Nella “gerarchia dei bisogni” di Abraham Maslow, (psicologo che nel 1954 propose un modello motivazionale dello sviluppo umano basato su una gerarchia di bisogni, disposti a piramide, in base alla quale la soddisfazione dei bisogni più elementari è una condizione necessaria per fare emergere quelli di ordine superiori), l’amore e l’appartenenza vengono subito dopo i bisogni fisiologici e la sicurezza.
Quando otteniamo una “pacca sulla spalla virtuale” da un Like o da una condivisione, i recettori della dopamina che viene rilasciata naturalmente nel nostro cervello ci rende immediatamente felici suscitando sentimenti di “conferma”.
Quindi, se questa cosa ci rende felici,
dovremmo continuare a farla, giusto?
Ebbene no, forse no, perché se continuiamo a pubblicare pensieri, immagini e sentimenti (che forse neanche ci rappresentano) solo per i nostri seguaci e per le nostre connessioni, allora stiamo semplicemente alimentando le loro Camere dell’Eco.
Le camere dell’eco
non esistono solo nei social media
Esistono anche nelle App di notizie e nei siti Web di shopping. Conosciamo tutti la frase sotto ai prodotti che abbiamo appena comprato come una sorta di suggerimento: “Le persone che hanno acquistato questo, hanno acquistato anche quello”.
Gli algoritmi controllano tutto il contenuto che vediamo su queste piattaforme.
Gli algoritmi controllano anche chi incontriamo su siti e app di incontri. Ogni giorno, milioni di persone vengono presentate l’un l’altra da… algoritmi!
Questi algoritmi ci presentano alle persone in base alle nostre simpatie e antipatie ed è ovvio che ci presentino delle persone con cui potremmo andare d’accordo, in effetti che senso avrebbe incontrare persone con cui litigherai?
Il detto “che gli opposti si attraggono” va bene, ma funziona davvero nella vita reale?
Ma se non passiamo del tempo con persone che ci sfidano, se non ci confrontiamo e discutiamo con persone che condividono una visione diversa, come possiamo essere empatici? Come possiamo essere inclusivi con le persone con una prospettiva diversa dalla nostra?
Guardiamo al passato:
Dove sarebbe stato Bjorn Borg senza John McEnroe? E negli anni ’80 Microsoft e IBM ? Erano in costante competizione tra loro, alzando il livello e producendo di conseguenza soluzioni e prodotti migliori. Oggi lo vediamo ad esempio con Apple e Samsung.
Se questi algoritmi della camera d’eco fossero esistiti 50 anni fa, forse Steve Jobs non avrebbe incontrato Steve Wozniak … Uno era buddhista e l’altro era ateo.
Ora immagina…
Immagina un mondo influenzato completamente su linee di “tendenza”, su schieramenti di pensiero rispetto alle più varie tematiche di diversità: politica, etnia, diversità di genere, di opinione, di cultura ma anche di cibo di musica, di amicizie e che attraverso questo “pollice in su” che funge da dopamina, costruire sopra la nostra visione globale del mondo, fino a confondere la popolarità con la realtà.
Immagina che questa camera dell’eco arrivi a radicalizzare le opinioni delle persone.
Immagina che un video caricato, ad esempio, su Youtube, abbia contenuti suggeriti (quelli che si avviano in riproduzione automatica dopo la fine di ogni video) che tendono a privilegiare argomenti sempre più estremisti, fino a video relativi alla supremazia della razza bianca, alla negazione dell’olocausto, all’omofobia, a temi relativi a teorie complottiste.
L’avvento di Internet ha permesso a tutto il pianeta di poter comunicare facilmente, dando la possibilità di avere confronti su larghissima scala. Tuttavia, invece di essere diventati più connessi, siamo sempre più divisi, classificandoci in partiti ideologici diversi tra loro e mai comunicanti, convincendoci che quella è l’idea giusta, perché sarà l’unica cosa che sentiremo. L'unica.
La camera dell’eco esiste e potrebbe essere molto pericolosa.
Possiamo fare qualcosa al riguardo, ma dobbiamo agire ora.
Dovremmo passare del tempo con persone che non sono d'accordo con noi.
Sullo schermo e nel mondo reale.
Dovremmo guardare un canale tv diverso, ordinare le notizie dei social media cliccando
sul bottone in base "al più recente",
non sul "più popolare".
Dovremmo anche leggere un giornale diverso e potremmo talvolta non essere d'accordo con quello che scrivono; io per esempio lo faccio spesso: la mattina leggo la rassegna di tutti i giornali, anche internazionali,
per farmi un'opinione e per conoscere quello che succede su questo malandato pianeta.