Black Statues Matter… O forse no?

Black Statues Matter… O forse no?
{A Bristol hanno fatto così}

di Pancras Ætius McMorris {Linux Evangelist – Londra}

Le manifestazioni scaturite dall’omicidio di George Floyd hanno ancora una volta portato all’attenzione del pianeta quanto, detto terra terra, sia più difficile essere vivi nel mondo cosiddetto civilizzato se si è neri.

Nazioni come gli Stati Uniti o il Regno Unito devono la loro ricchezza all’esistenza della schiavitù. Purtroppo, seppur formalmente abolita da tempo, la profonda e tragica ferita creata da questa pratica barbarica non si è mai rimarginata.

La situazione di fatto è che essere neri,  in nazioni come gli Stati Uniti e il Regno Unito,  comporta mediamente meno educazione, meno ricchezza, meno salute e molta più probabilità di essere discriminati, se non direttamente uccisi, dalla polizia.

Da bianchi privilegiati, è difficile interiorizzare e capire davvero questa cosa. Giungiamo, spesso senza rendercene conto, a conclusioni tipiche come “se la sarà cercata” perché non ci è mai capitato di essere perquisiti all’uscita di un negozio solo per il colore della pelle. O di essere fermati in negozio sentendoci chiedere “dov’è il reparto biancheria intima?” perché siamo neri e di conseguenza non possiamo essere clienti, dobbiamo essere inservienti.
O di sentirci dire “ah però, parli proprio bene l’Italiano” anche se siamo nati e vissuti a Borgo Panigale e sulla carta d’identità c’è scritto “Cittadinanza: Italiana” anche se siamo neri.

Ci sarebbe da scrivere intere enciclopedie sulla situazione. Immaginate un nonno partigiano che non avete mai conosciuto, assassinato dal regime fascista perché ha combattuto per darvi la libertà che avete oggi e immaginatevi un monumento a Mussolini la cui effige dice “Grande statista e uomo d’affari, padre di famiglia, orgoglio degli Italiani”.

Ora immaginate il senso di empowering che finalmente viene alla comunità nera, anche se purtroppo, per l’ennesimo evento così tragico come l’assassinio di George Floyd e le manifestazioni in tutto il mondo. Immaginatevi quanto giusto possa essere il momento per sbarazzarvi finalmente di un monumento che offende e umilia le vostre origini e la vostra storia tutte le volte che ci passate davanti.

A Bristol hanno fatto così, detronizzando la statua di Edward Colston decantato come filantropo e uomo d’affari, che però ha fatto le sue fortune grazie a un monopolio pressoché assoluto sul commercio degli schiavi.

Non si tratta di cancellare o riscrivere la storia, come George Orwell
ci ammoniva in 1984

Si tratta di riconoscere che era ora di farlo, dato che erano decenni che storici e attivisti ne parlavano. Dopo tutto, per i bianchi, sarebbe alquanto inusuale tenere nelle piazze statue di Hitler e Mussolini che ne esaltano le doti di statisti trascurando il fatto che hanno compiuto inenarrabili genocidi, no?

Mi sono chiesto quanto c’entrasse il privilegio nei giorni successivi, quando un paio di eventi straordinari si sono rapidamente succeduti.

Prima, un po’ come l’edilizia abusiva che tanto ha plagiato l’italia degli anni 80, una nuova statua è apparsa al posto di quella di Colston nel giro di una notte. Marc Quinn ha creato una statua in onore di Jen Reid, una delle figure principali delle proteste di Bristol. È una statua fatta con materiali moderni, dinamica, piena di orgoglio nero.

Poi, adducendo una serie di motivi più o meno sensati, il comune di Bristol ha deciso di rimuovere la statua, nonostante la polizia non abbia constatato nessun crimine.

Non sto lì a ipotizzare quali altre soluzioni si potevano pensare. Anche semplicemente un gesto di solidarietà lasciandola in piedi per più tempo, o facendo una consultazione con la cittadinanza per decidere cosa farsi.

Però da quel momento, la parola privilegio ha iniziato a rimbombare in testa.

Photograph: Matthew Horwood/Getty Images – The Guardian

A Trafalgar Square a Londra, il Fourth Plinth (quarto pilastro) è appositamente dedicato a un’esposizione di opere che cambia costantemente, dopo essere stato vuoto per molto tempo. Non solo opere d’arte materiali, nel 2009 si sono susseguite 2400 persone che per un’ora ciascuna hanno avuto il privilegio di fare ciò che volevano sul quel pilastro.

E va beh. L’analogia non è proprio esatta.
E se l’opera d’arte fosse stata di BANKSY,
l’avrebbero tolta?
Non è che me lo chiedo così, a caso.

Vicino a dove abito, circa tre anni fa, due opere di Banksy sono apparse dal nulla. Non per caso, questi due lavori sono un diretto riferimento a Basquiat, artista Afro-Americano che a quel tempo era in esposizione a due passi da quei “graffiti” (ma si possono chiamare graffiti i lavori di Banksy o sono opere d’arte?). Ebbene, sappiamo benissimo che nell’efficiente Londra, un paio di graffitacci qualsiasi sarebbero stati fatti sparire dal comune in meno di 48 ore, mentre le opere di Banksy sono state ricoperte di plexiglass per evitare che i passanti le danneggiassero.

Meditate sul privilegio gente, meditate.

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