I Pantoni si sono seccati!
{raccolgo ritagli creativi, scrivo storie e me le racconto}
di Micaela Antozzi {Art Director – Weblicity.net}
In questi tempi bui, mi sono “messa un po’ in disparte” (che con questo lockdown forzato è un’affermazione che fa quasi sorridere). Metto a posto, apro scatole dei miei “tagli & ritagli” creativi, scrivo storie… e me le racconto.
In uno stralcio di qualche vecchio giornale di comunicazione che mi arriva in studio periodicamente, ho trovato un articolo che mi ha fatto pensare e naturalmente riempire il cuore di nostalgia (canaglia). Dice così:
“C’era una volta il pennarello pantone e guai a chi osava avvicinarsi alla voluminosa scorta che ogni Art custodiva nei suoi riservatissimi cassetti”
Il pantone era il ferro del mestiere dell’Art director, come lo era il regolo per l’ingegnere, il calibro per il meccanico, lo stetoscopio per il medico. Con questo fantastico strumento sono nati per anni i layout di infinite campagne pubblicitarie, i manifesti, gli storyboard per gli spot, le copertine di magazine, i marchi e finish layout realizzati con un unico grande protagonista: Lui, il pennarello pantone.
Capolavori che gli art director più abili producevano da soli e altri con l’aiuto di bravissimi visualizer free lance, in ogni caso l’idea era frutto di semplici schizzi (rought) che venivano selezionati in’agenzia durante i vari brain storming per poi definirle, sempre a pennarello ad uso della presentazione al cliente.
C’è ancora il pantone, ma non si trova più nel campus dei creativi e se ne è rimasto qualcuno è generalmente secco, te ne accorgi appena lo provi perché emana un fastidiosissimo scricchiolio: tipico del pantone secco su carta, insomma lo si butta. Non serve più. Epoca finita.
Oggi, noi creativi, i finish layout li realizziamo con photoshop e illustrator, rubacchiando idee e taroccando immagini, ricavate qua e là da internet, cataloghi e stampe. I testi poi non si simulano più con le famose “ondine” di quei tempi, si compongono con il font scelto, così come le headline, che si disegnavano “tagliando” la punta del pantone, ora si realizzano calibrando anche il “track” del font, con il computer.
Il layout artigianale insomma non c’è più. Il cliente oggi, vede proposte finite con il rischio che ad approvazione ottenuta non si riesca a farne un’esecuzione migliore.
Art che non disegnano più, idee che non si simulano, è sparita quella piccola espressione ammirata che ci regalava il cliente (…Oh!) , anche quando l’idea non era un granché, solo per la maestria con cui venivano realizzate le proposte.
Oggi c’è il Mac e i suoi programmi, che tra un po’ si prenderanno anche il merito dei contenuti.
E anche se fatica e impegno, nella ricerca di soluzioni creative non cambia, si è perso il senso di quella delicata fase artigiana che, ai tempi del pantone, dava il giusto tono alla presentazione della proposta di comunicazione: il momento intermedio più importante in cui, grazie al talento dei propri collaboratori si mettevano in mostra qualità creative, efficacia di analisi e capacità di sintesi.
Questo ritaglio di giornale, chiuso in una scatola da chissà quanto (e che questa maledetta pandemia mi ha fatto ritrovare), mi ha catapultato come una macchina del tempo, ai primi anni da Junior Art, ero una ragazzina che lavorava da pochi mesi in una meravigliosa agenzia creativa in Largo 5º Alpini a Milano. Avevo cominciato a frequentare alla sera, dei corsi per “visualizer ” alla scuola del fumetto di via Tortona, tenuti da un super Art della Saatchi & Saatchi, vecchia agenzia milanese e multinazionale e che con i “pantoni e le idee…. ci sapeva fare davvero”.
Sento ancora i profumi di quel passato, l’odore della cow gum e dei cartoncini Shoeller, gli acidi della camera oscura dove c’era la Reprocamera per sviluppare foto e patinate, il piano luminoso per vedere i fotocolor, il tipometro, le giustezze in punti pica e l’odore inconfondibile dei pantoni.
Già, i mie pantoni … che ora dentro a questa vecchia scatola sono tutti secchi.
Auguriamoci davvero, che con i pantoni seccati, non vadano “a male” i valori veri di una grande professione come la nostra, perché anche in tempi di Pandemia la creatività non si ferma.
La creatività è sempre nell’aria. Ma circola come un virus buono, che ha la potenzialità di farti rialzare anche in momenti come questi, per trovare e (ritrovare) nuove idee e nuove ispirazioni.