Escape the corset!
{Le giovani donne sudcoreane si ribellano ai rigidi standard di bellezza e moda}
di Micaela Antozzi {Art Director}
E’ nato un movimento, nella mia amata Corea del Sud, che combatte contro gli standard di bellezza irrealistici. Standard che richiedono alle donne di passare ore e ore ad applicare il trucco, eseguendo regimi di cura della pelle che comportano 10 o più passaggi di routine quotidiana. Donne che devono svegliarsi due ore prima di andare al lavoro per assicurarsi una pelle perfetta e un trucco perfetto.
Tutto è iniziato sui social media con migliaia e migliaia di post, che mostrano donne che distruggono tutti i loro cosmetici, accompagnati dal grido dell’hashtag: #EscapeTheCorset (Fuggi dal corsetto), paragonando i cosmetici anche agli indumenti quotidiani che sono costrette ad indossare sul lavoro come se fosse una divisa: giacca, pantaloni o gonna scuri e camicia.
Questa tendenza (ormai in crescita) fa parte di una più ampia spinta contro la società patriarcale del Paese, che ha visto un numero record di donne scendere in piazza per chiedere una maggiore uguaglianza e combattere questioni come ad esempio il fenomeno “Molka“, (riprese illegali nei luoghi pubblici e bagni tramite mini telecamere nascoste) e le continue aggressioni sessuali.
Una svolta interessante per la Corea del Sud, una nazione che promuove attivamente la sua abilità nella chirurgia estetica e i cui marchi di cosmetici sono i più ambiti in tutto il mondo (io stessa ne sono una grande appassionata) e soprattutto Paese con esigenti standard di bellezza come: una pelle pallida, occhi grandi, un ponte nasale alto, gambe magre, labbra simili a ciliegia e un viso piccolo.
La forte vena conformista della Corea del Sud ha portato milioni di persone, per anni, a cercare di ottenere questo aspetto.
Il movimento non mira solo a sfidare l’oggettivazione sessuale delle donne, ma anche a cambiare lo status delle donne come subordinate agli uomini, di conseguenza, stiamo assistendo non solo a un cambiamento sui cosmetici e la K-Beauty Routine quotidiana, ma anche nel modo di vestire molto più libero e glamourous.
Che sia l’inzio di una nuova era,
per le “ragazze” di Seoul?
All’alba di un nuovo femminismo, le critiche al vestito rosso della parlamentare sudcoreana hanno stimolato finalmente il dibattito sul sessismo. E indietro difficilmente si potrà tornare.
A maggio, ad esempio, una conduttrice di un notiziario di una delle principali emittenti televisive coreane, ha scatenato una raffica di dibattiti e commenti di haters, quando è diventata la prima donna (sic!) a portare gli occhiali in onda.
Ultima di questi giorni invece parte dall’alto: Ryu Ho-jeong, legislatore di giustizia e una delle più giovani parlamentari dell’assemblea nazionale del paese si è presentata proprio alla “National Assembly Chamber” con un miniabito rosso ciliegia, una mascherina gialla e scarpe da ginnastica nere. In netto contrasto con gli abiti e le cravatte scure indossati dalla maggior parte dei parlamentari uomini, ha scatenato una marea di commenti misogini online per aver infranto l’eccessivo rigore e autoritarismo dell’assemblea nazionale. E lei in un intervista ha risposto così:
“In ogni sessione plenaria, la maggior parte dei legislatori, uomini e persone di mezza età, si presentano in giacca e cravatta, quindi volevo infrangere quella tradizione, l’autorità dell’assemblea nazionale non si basa su un uniforme da indossare”
Due curiosità:
L’abito indossato dalla parlamentare Ryu Ho-jeong è di Jucy Judy – THE BASIC HOUSE , prezzo di 80.000 won (circa 57 euro) ed è andato subito esaurito!
Il terzo termine sui motori di ricerca coreani in questi giorni è: “One Piece Out of Stock di Ryuho-jeong“